In linea generale, una revisione strategica è stata, in Occidente, un esercizio imposto volto a dare un certo inquadramento alle decisioni politiche che inquadreranno, per gli anni a venire, lo sforzo di difesa concordato dal governo del Paese.
Questo è particolarmente vero in Francia, dove il Libro bianco del 2013, così come le revisioni strategiche del 2017 e del 2022, sono stati caratterizzati da un forte conservatorismo dottrinale, autorizzando solo pochi sviluppi, al margine, in termini di capacità ed evoluzione.
Questo non è, invece, il caso di la nuova Australian Strategy Review 2023 presentato lunedì dal primo ministro Antony Albanese e dal suo ministro della Difesa Richard Marles.
Anzi, ridefinisce in profondità non solo il formato, ma anche la dottrina e tutti i programmi, compresi quelli già in corso, degli eserciti australiani, per rispondere all'evoluzione della minaccia osservata negli ultimi anni.
Scritto dall'Air Chief Marshall Angus Houston, ex Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate australiane, e da Stephen Smith, già Ministro della Difesa dal 2010 al 2013, il documento esordisce, infatti, con un'osservazione chiave.
Secondo lui, la dottrina australiana, che prevedeva che una grande guerra potesse intervenire solo oltre un periodo di 10 anni, era ormai obsoleta. È quindi necessario rivedere l'insieme dei pilastri a sostegno della difesa australiana costruiti su questo paradigma.
Ora, secondo la nuova Strategic Review, i rischi di guerra si suddividono in 3 fasi, una da qui al 2025, la seconda dal 2026 al 2030 e la terza oltre il 2031.
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