Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in occasione della visita del primo ministro iracheno Mustafa Al-Kadhimi alla Casa Bianca, ha annunciato che gli Stati Uniti intendevano ritirare le proprie truppe dal proprio paese entro la fine dell'anno, dopo l'annuncio del ritiro delle truppe dall'Afghanistan iniziato il 1° maggio e che dovrebbe concludersi l'11 settembre. Secondo il presidente americano, le forze americane rimarranno a disposizione per supportare le autorità e gli eserciti iracheni, in particolare per l'addestramento di questi, ma i 2.500 uomini ancora presenti nel Paese verranno ritirati in tempi ridotti, per consentire, secondo a lui, per concentrarsi sulle sfide più urgenti, in questo caso Russia e Cina. L'annuncio era atteso da diverse settimane, in linea con il più controverso ritiro dall'Afghanistan che continua nonostante l'offensiva delle forze talebane che oggi controllano metà delle province afgane. La situazione sarà probabilmente meno complessa in Iraq, essendo le autorità del Paese più radicate e potendo contare su altre staffette di forze rispetto alle uniche forze americane o occidentali, come in particolare le numerose milizie iraniane che hanno preso parte la distruzione del califfato dello Stato Islamico e che da allora non hanno lasciato il Paese, così come i curdi iracheni che controllano fermamente il nord del Paese.
Per il presidente americano, oltre a mettere fine a due impegni che non permettevano più di prevedere una via d'uscita a breve o medio termine dai vertici, si tratta prima di tutto di una decisione con un obiettivo strategico e di bilancio. Il budget del Pentagono è infatti gravemente penalizzato dai costi delle operazioni estere e degli schieramenti americani, oltre 69 miliardi di dollari nel 2021, mentre i costi aggiuntivi per queste stesse attività operative superano i 100 miliardi di dollari per i vari eserciti statunitensi. Di fatto, la riduzione del prestito globale delle truppe americane si sta rivelando un asse prioritario per l'amministrazione Biden, che deve far fronte a crescenti esigenze di investimenti negli eserciti, in particolare per l'ammodernamento di molti mezzi ereditati dalla Guerra Fredda. , mentre il Lo sforzo di difesa americano è già a un livello molto alto, al 3,3% del PIL in un'economia e una società americane già pesantemente colpite dalla crisi COVID. Possiamo anche aspettarci che la presenza americana in Africa come in Medio Oriente diminuirà anche negli anni a venire, e questo nonostante l'ascesa al potere dell'Iran, tanto è urgente per Washington concentrare le sue forze dove sono più necessario e meno costoso, negli Stati Uniti e, in misura minore, in Europa.

La necessità di fondi per l'ammodernamento e la trasformazione degli eserciti statunitensi è così urgente oggi che il Senato ha annunciato la scorsa settimana un'iniziativa bipartisan volta a portare i finanziamenti per il 2022 a 740 miliardi di dollari, ovvero più 23 miliardi di dollari in più rispetto ai 716 miliardi di dollari. presentato dall'amministrazione Biden. Se tale cifra difficilmente potrà essere raggiunta, in particolare a causa di una ben più marcata resistenza al controllo della spesa per la difesa all'interno della Camera dei Deputati a forte maggioranza democratica, l'iniziativa mostra l'alto livello di tensioni che regna oggi tra il Campidoglio e la Casa Bianca sul tema della strategia di bilancio da adottare per trattare con Cina e Russia, tanto più che ormai i margini di manovra per la Casa Bianca sono scarsi. Perché se la spesa annua per le operazioni irachene e afghane superava ancora i 150 miliardi di dollari nel 2015, ora non raggiunge i 10 miliardi di dollari, e solo una parte di questa cifra riguarda i circa 5000 uomini rimasti dispiegati in questi due Paesi. 2021.
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