Se, negli ultimi due anni, la domanda che animava la US Navy era come riuscirci l'obiettivo di una flotta da combattimento di 355 navi entro il 2030, come richiesto dal presidente Trump, gli ultimi mesi hanno visto un grande cambiamento nelle posizioni sia della Marina degli Stati Uniti che del segretario dell'esercito, Mark Esper, su questo tema. In effeti, gli Stati Uniti sembrano aver capito la minaccia che ora rappresenta il potere industriale navale cinese sull'egemonia navale della Marina americana, anche se questo strumento rimane al centro della politica estera del paese e delle sue capacità di impegno militare in tutto il pianeta.
Non più 355 navi, ora è imperativo disporre di una flotta molto più potente per contenere l'evoluzione della marina cinese, che si allineeranno nel 2030 quasi 425 navi da combattimento su un piano di parità con la US Navy. Inoltre, non solo la Cina ha già raggiunto digitalmente gli Stati Uniti quando si tratta di navi, ma le sue capacità industriali sono ora di gran lunga superiori a quelle dei cantieri americani, mentre la Marina degli Stati Uniti ha un'area di operazione molto più ampia, almeno oggi, di quella della Marina cinese. Infine, lo Stato Maggiore degli Stati Uniti ha cessato di considerare la tecnologia, l'addestramento e l'esperienza del personale militare come un vantaggio significativo rispetto ai loro omologhi cinesi. D'ora in poi, la Marina cinese viene identificata come un avversario serio ed efficiente, da non sottovalutare soprattutto per la Marina americana.

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