La decisione è caduta come una mannaia il 29 luglio: il presidente americano Donald Trump ordina il ritiro di 12.000 uomini dalle forze americane dispiegate in Germania, e questo entro un lasso di tempo molto limitato. Secondo le informazioni fornite, 6400 uomini saranno rimpatriati negli Stati Uniti, mentre altri 5400 saranno ridistribuiti in Italia e Belgio, e potenzialmente successivamente, in Polonia et gli Stati baltici. In un approccio molto personale, il presidente americano ha dichiarato di voler "far pagare la Germania" che non partecipa a sufficienza alla NATO, e che gli Stati Uniti erano stanchi di essere presi per "prosciutti" ("Sucker" nelle parole del presidente).
Se questo annuncio sorprende per il suo ritmo, da allora non rappresenta una sorpresa per la sostanza Washington aveva a lungo minacciato Berlino con il ritiro delle forze americane se quest'ultima non ha aumentato i propri investimenti nella Difesa (versione diplomatica e pubblica), e se la Germania non ha ritirato il libretto degli assegni per ordinare l'equipaggiamento della Difesa americana (versione riservata), in modo da riequilibrare la bilancia commerciale tra i due paesi, molto a favore della Germania grazie alle sue vetture top di gamma molto apprezzate oltreoceano. Il Giappone, nella stessa situazione della Germania sia dal punto di vista militare che economico, non ha esitato dal suo ruolo comandando più di cento F35A e B, così come la modernizzazione della sua flotta F15J e delle sue difese antiaeree al suo alleato. Ovviamente, l'ordine annunciato da Berlino per circa XNUMX Super Hornet e Growlers per sostituire parte della sua flotta Tornado, quella dedicata agli attacchi nucleari della NATO, non sarà bastato a placare Washington.

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